[Articolo di Bianca Pascotto, tratto da assinews.it]
La giurisprudenza, ormai, si è orientata e consolidata nel ritenere la CAI nulla più che una prova documentale, liberamente apprezzabile dal Giudice, il cui contenuto (dinamica del sinistro, dichiarazioni delle parti, etc..), ha un valore semplicemente indiziario tra tutte le parti coinvolte, ovvero sia tra i confitenti (ovvero coloro che hanno reso la dichiarazione siano essi conducenti e/o proprietari del veicolo), sia tra i medesimi e la compagnia assicuratrice.
Una recente sentenza del Tribunale di Ravenna pubblicata il 12 marzo di quest’anno, ci offre lo spunto per confermare la chiara linea di principio in forza della quale la CAI non solo “non ha efficacia confessoria nei confronti dei soggetti terzi, come l’odierna convenuta compagnia assicuratrice, ma ha un valore indiziario sottoposto al libero e prudente apprezzamento di giudice”, ma “è liberamente apprezzabile dal giudice in relazione alla posizione di tutte le parti, ivi incluso colui che l’ha resa, a prescindere dalla sua qualità di conducente o proprietario del veicolo assicurato”.
Nel caso di specie la decisione giunge dopo un’istruttoria processuale che ha evidenziato molti dubbi circa la dinamica del sinistro come descritta dal danneggiato, una dinamica che odora di falsità (nessun testimone, nessuna autorità intervenuta, nonostante lamentate lesioni personali di una certa rilevanza, nessuna foto o documentazione dei danni del veicolo investitore, scarsa identificazione del luogo del sinistro).
In ragione di un tanto è condivisibile che, per tal sinistro, l’accertata incompatibilità tra quanto riportato nella CAI ed il ricostruito (diverso) fatto storico, privi la dichiarazione resa nella constatazione amichevole di sinistro del suo valore confessorio come previsto dall’art. 2733 c.c..
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